Gli “ornamenti della natura” nella pittura dell’Ottocento. Le esperienze di Corot, Church e Segantini

G. Segantini, Trittico della Natura, Vita, 1896-99

Nell’Ottocento la rappresentazione della natura incontaminata viene declinata secondo diverse sensibilità, illustrate qui con tre esempi: dalla foresta di Fontainebleau di Corot alle Alpi svizzere di Segantini, passando attraverso le cascate del Niagara e la Wilderness americana.

F. E. Church, Le cascate del Niagara, 1857


“Più sensibile è l’anima di chi contempla, più questi si abbandona all’estasi suscitata in lui da tale armonia della natura. Una fantasticheria dolce e profonda s'impadronisce allora dei suoi sensi, ed egli si smarrisce, in uno stato di deliziosa ebbrezza, nell’immensità di questo bell’ordine, con cui si immedesima. Tutti i singoli oggetti gli sfuggono, ed egli non vede e non sente che il tutto.” 
(J. J. Rousseau, Fantasticherie di un passeggiatore solitario, 1782)

In questa riflessione il filosofo svizzero illustra il proprio rapporto, intimo e creativo, con la Natura “naturale”: con un sentimento di partecipazione alla primigenia creazione, egli si sente parte di un tutto e si fa interprete della nascente sensibilità romantica. 

Nel XVIII e XIX secolo, in Europa come negli Stati Uniti, si assiste a un crescente interesse per la Natura incontaminata, che diventa uno dei temi più trattati e rappresentati nei diversi media: i dipinti e le stampe assecondano il gusto dei collezionisti d’arte; la letteratura periegetica e le guide turistiche assecondano la moda aristocratica dei tour.
 

C. Corot, Rocce a Fontainebleau, 1860-65

In ambito artistico, sin dal Rinascimento, vigeva una netta distinzione tra la rappresentazione del paesaggio inteso come campagna antropizzata e addomesticata dall’uomo, e la rappresentazione della natura selvaggia e incontaminata.
Nell’Ottocento quest’ultima viene declinata secondo diverse sensibilità, che vengono illustrate con tre casi molto diversi che si scalano lungo tutto il secolo.


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