La ricerca del perfetto atelier nelle "Memorie" di Francesco Hayez

Artist Atelier, foto di Cinzia Naticchioni Rojas, 2013

Francesco Hayez (Venezia, 10 febbraio 1791 – Milano, 12 febbraio 1882), il grande pittore del Risorgimento italiano, ha lasciato nelle sue Memorie vive tracce della ricerca dell’atelier ideale.

«Studio in casa de’ Capitani alla Spiga. Al ritorno di Sabatelli da Firenze, dove aveva eseguito i suoi affreschi a Pitti, dovetti cercarmi uno studio nella Spiga, in casa dei Capitani, al pianterreno verso il giardino: questo locale era piuttosto umido per cui danneggiava le mie tele. Peccato perché la luce vi era eccellente. 

– Studio in casa d’Adda al Gesù. … presi [studio] in casa d’Adda al Gesù, pure a pian terreno e queste ancor più umide delle prime, ma poco vi stetti, perché avendo trovato locale più vasto, e veramente adatto per lo studio mi fermai.»


Agli esordi della carriera, nel periodo che solitamente corrisponde alle maggiori ristrettezze economiche, il pittore si era adattato a numerose peregrinazioni, tra studi lasciati liberi da amici pittori, assenti per commissioni lontane, e locali affittati per brevi periodi, in situazioni di ripiego. Emerge dalle poche righe il senso di inadeguatezza di alcune strutture – a volte anguste, mal illuminate, umide, o rumorose – e la perenne ricerca del locale perfetto, del luogo che corrisponda alle sue esigenze profonde. 

«1829-1864 Studio in casa Repossi al monte di Pietà, allora via dei tre monasteri. […] Questo mio studio era nella via dei tre monasteri monte di Pietà e la casa apparteneva al Sig.r Repossi; era fabbricato precisamente in un locale d’uno di questi monasteri, un gran salone, lungo 23 braccia e largo 14 con un grandissimo finestrone da cui ricevevo la luce: un altro finestrone metteva in una gran terrazza e sopra i giardini Raimondi e Passalacqua, da dove in prossimità di questa erano platani d’un’enorme grandezza e altri alberi che mi deliziavano nelle ore di riposo e altri che servivano anche di studio. Due altre stanze attigue, una maggiore e una minore e molto servibili all’arte mi completavano lo studio che tenni dal 1829 al 1864.»

Elementi architettonici chiave nello studio dell’artista sono adesso un ampio finestrone, un lucernario e, in subordine, uno spazio confortevole adatto alla pittura. In particolare, il ruolo della luce naturale, dopo secoli in cui il lavoro negli atelier degli artisti e nelle sale delle Accademie di pittura era stato condotto a lume di candela, sottolinea un nuovo approccio verso il mondo reale, un nuovo sguardo sul mondo.
 



Una volta nominato professore di pittura all’Accademia di Brera, Hayez applicherà questi stessi criteri per la creazione dei nuovi spazi dell’Accademia, seguendo da vicino il progetto dell’ingegnere Giovanni Voghera. Il progetto, realizzato nel 1853-1857, si caratterizzava proprio per la scelta di posizionare un grande finestrone nella parete nord, per garantire la luce ideale. Ogni accortezza fu osservata per ottimizzare la resa della luce: vennero montati serramenti in ferro, più resistenti ma anche più esili rispetto ai serramenti in legno, per sfruttare tutta l’ampiezza delle specchiature di luce; i muri opposti alla costruzione vennero tinteggiati di colori scuri, per evitare fastidiosi e indesiderati riflessi; le classi vennero intonacate di bianco, mentre il piccolo studio intermedio, occupato da Hayez, fu tinteggiato del tipico grigio d’atelier. 
Autoritratto, 1878

Quest'austera ambientazione forse è illustrata nel suo autoritratto degli anni ’60. Hayez si mostra in piedi, investito di luce naturale contro pareti grigie, con in mano, fieramente esibiti, pennelli e tavolozza, in un abito scuro quasi clericale, che rievoca gli autoritratti del suo amato Tiziano.

Il testo è stato pubblicato nel portale "Aula di Lettere di Zanichelli (04/2016)"
L'atelier dell'artista: dove il lavoro diventa arte

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