Carlo Fornara, "un mistico del paesaggio"

Da una leggenda alpina

Da umile figlio di un fabbro delle valli novaresi ad affermato pittore divisionista. 
La vita di Carlo Fornara (Prestinone di Val Vigezzo, 21 ottobre 1871 – 15 settembre 1968)
sembra una leggenda perfetta. Il suo primo maestro d'arte, Enrico Cavalli, aggiornato alle novità francesi dell'impressionismo, lo indirizza verso lo studio del colore e della luce.
Quando conosce le opere di Giovanni Segantini finalmente sente di aver trovato la propria dimensione stilistica. Grazie ad alcuni soggiorni a Lione e ad un viaggio di formazione a Parigi nel 1896 comincia a esporre con un certo successo. Rientrato in Italia, il destino non manca d'ironia quando una sua opera viene rifiutata dalla "Triennale di Brera" ma lo scandalo che ne segue gli regala una improvvisa notorietà, che lo fa accogliere a pieno titolo nel gruppo dei Divisionisti. Diventa assistente di Segantini e partecipa alle esposizioni nazionali e internazionali con buon successo di critica, fino agli anni '20.  
  
I due noci

I suoi dipinti celebrano i cicli delle stagioni, che colorano di magnifico e di indimenticabile le tele dedicate alla montagna degli inizi del secolo.

Ultimi pascoli, 1905

Durante le stagioni estive trascorse a Fontanalba, Fornara ritrae placidi armenti in alpeggio. Con luce argentina e tersa delinea ogni cosa e con tratto sicuro rende la sensazione dell'aria frizzante e gioiosa tra i prati fragranti di verde. 

Primavera sulle alpi

L'austero silenzio delle vette lontane corona il lago mentre gli animali pascolano placidi e qui e là i fiori accendono di colore i ciuffi tra le rocce.
Il giardino fiorito sul retro della propria casa, soggetto di diverse tele, riprende un tema caro agli impressionisti ma è rimodulato in stile divisionista.

Il ciliegio fiorito, 1914

Il candore dei fiori di ciliegio punteggia il cielo come una melodia, la gerla in primo piano è abbandonata sul viottolo di grigie pietre larghe e scabre; la donna di casa, dal fiero fazzoletto rosso, lavora assecondando il ritmo della primavera.  

Da una leggenda alpina

In alcune tele si abbandona a suggestioni simboliste: le leggende degli spiriti delle montagne prendono la forma di fate danzanti che vestite di veli ondeggiano sui tetti e spargono il candido manto come in un rito iniziatico sospeso tra misticismo e seduzione.
Controluce, 1938

Ritiratosi dalla vita pubblica, continuerà a vivere nel paese natale e continuerà a dipingere in volontario isolamento.
Il profondo attaccamento alla terra e alla montagna connotano tutta la sua produzione, e in virtù di questo venne definito "un mistico del paesaggio" (Arte Cristiana, 1919)

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