Michele Tedesco. Il fascino silenzioso del quotidiano




Arte e patria erano due ideali cardine per molti giovani artisti della metà dell’Ottocento.
E se per imparare l’arte, Michele Tedesco (Moliterno, 24 agosto 1834 – Napoli, 1917) si era trasferito dalla provincia potentina a Napoli, per assecondare le sue aspirazioni patriottiche, nel 1860 si era arruolato nella Guardia Nazionale, combattendo al seguito di Garibaldi.
La storia d’Italia e la sua storia personale, guidate dalla mano del destino, si erano infine intrecciate a Firenze, dove Michele Tedesco decide di soggiornare per molti anni e aderire al gruppo dei Macchiaioli, facendo propri sia la ricerca artistica sia lo stile di vita. Con Giuseppe Abbati, Diego Martelli e Telemaco Signorini trascorre l’estate del 1861 a Castiglioncello, sperimentando la nuova pittura.


Michele Tedesco sceglie di concentrarsi sulla poetica della vita moderna, nel ritrarre momenti di svago borghesi, come nel dipinto "Una ricreazione alle cascine di Firenze" del 1863. Un gruppo di donne e bambini sono ormai esausti dopo avere trascorso la giornata alle Cascine per la Festa del Grillo, nel giorno dell’Ascensione. I bambini scrutano le cassettine di giunco, i loro piccoli trofei, e sperano di sentire il frinire dei grilli imprigionati. Le figure in piedi, chiare vestali malinconiche, suggeriscono che l’ora di ritirarsi è giunta, chiudendo una così bella giornata, che come tutte le felicità attese, è ormai trascorsa. La luce morbida che accarezza le forme, il prato e le fronde richiama la pacatezza di alcuni dipinti di epoca vittoriana.

Il suo stile, terso e teso, si mostra condotto con il piglio sicuro della maestria nelle scene delicate che ritraggono la vita privata delle donne, momenti d’intimità rubati alla quotidianità.


In “Cari colombi” (1867) una preghiera o un'offerta d’amore viene affidata al volo e allo slancio di libertà, tra la leggerezza della luce, un frusciare di sete azzurre e rosa e la serenità dei ritagli di cielo inquadrati dal portico; ne "I viaggiatori aerei" (1865) una malinconica bianca figura di spalle, forse non più confortata dalle parole dell’amica, scruta l’orizzonte in cerca di buoni presagi, in un stile sospeso tra geometria quattrocentesca e sentimento del vero.


La terrazza è celebrata come luogo privato di ritiro dal mondo, di buona lettura e di quella calma che induce le tortore a posarsi sulla figura, immobile come una statua; o come luogo del ristoro in una modesta taverna che offre alla signora accaldata il tempo per ricomporsi dopo una passeggiata, mentre ammira i tetti distratta e la cameriera solerte sparecchia.  


Le sue donne, ritratte in tralice, guardano oltre, perse nei loro pensieri: in “Dopo una visita”, appoggiata al muro di cinta del giardino, ritratta in una sinfonia di bianchi, una donna ha lasciato la lettura e sembra pronta ad aprire il parasole per mettersi in cammino; una “Signora in giardino” , seduta sul muretto, le mani conserte in grembo trattengono fiori rossi come la veste, medita silenziosa su se stessa o se valicare il limite del giardino.

La prima mostra monografica “Michele Tedesco. Un pittore lucano nell’Italia unita” lo ha celebrato a Potenza nel 2012.

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